Voce e canto con pazienti affetti dalla malattia di Parkinson
LA MALATTIA DI PARKINSON
Si tratta di un disturbo del sistema nervoso centrale caratterizzato principalmente da degenerazione di alcuni neuroni situati in una zona profonda del cervello, denominata substanzia nigra (sostanza nera) che fa parte dei gangli della base. Queste cellule producono un neurotrasmettitore, cioè una sostanza chimica che trasmette messaggi a neuroni in altre zone del cervello. Il neurotrasmettitore in questione, chiamato dopamina, é responsabile dell’attivazione di un circuito che controlla il movimento. Con la riduzione di almeno il 50% dei neuroni dopaminergici viene a mancare un’adeguata stimolazione dei recettori, cioè delle stazioni di arrivo. Questi recettori sono situati in una zona del cervello chiamata striato. I neuroni dopaminergici della sostanza nera, sofferenti, osservati al microscopio, mostrano al loro interno corpuscoli sferici denominati corpi di Lewy composti prevalentemente da alfasinucleina, che sono considerati una caratteristica specifica della malattia di Parkinson e che fa rientrare questa malattia nel più ampio gruppo delle sinucleinopatie. Queste si differenziano a seconda delle zone interessate dai corpi di Lewy e possono variare da un esteso interessamento della corteccia (demenza), un interessamento specifico di sostanza nera e locus ceruleus (malattia di Parkinson) o di sistemi nervosi che innervano i visceri (atrofia multisistemica con compromissione del sistema nervoso autonomo). La malattia di Parkinson si riscontra più o meno nella stessa percentuale nei due sessi ed è presente in tutto il mondo. I sintomi possono comparire a qualsiasi età anche se un esordio prima dei 40 anni é insolito e prima dei 20 é estremamente raro. Nella maggioranza dei casi i primi sintomi si notano intorno ai 60 anni.
La malattia di Parkinson é caratterizzata da tre sintomi classici: tremore, rigidità e lentezza dei movimenti (bradicinesia) ai quali si associano disturbi di equilibrio, atteggiamento curvo, impaccio all’andatura, e molti altri sintomi definiti secondari perché sono meno specifici e non sono determinanti per porre una diagnosi. La sensazione di essere più lenti e impacciati nei movimenti è forse la caratteristica per cui più frequentemente viene richiesto il consulto medico insieme al tremore. Il tremore tipico si definisce “di riposo” e si manifesta, ad esempio, quando la mano é abbandonata in grembo oppure é lasciata pendere lungo il corpo
Il tremore non è però un sintomo indispensabile per la diagnosi di Parkinson, infatti non tutti i malati di Parkinson lo sperimentano nella loro storia e, d’altra parte non tutti i tremori identificano una malattia di Parkinson.
Un altro sintomo che spinge ad ulteriori accertamenti è il disturbo del cammino. I passi possono farsi più brevi, e talvolta si presenta quella che viene chiamata “festinazione”, cioè il paziente piega il busto in avanti e tende ad accelerare il passo come se inseguisse il proprio baricentro. Negli stadi avanzati della malattia possono verificarsi episodi di blocco motorio improvviso (“freezing”, come un congelamento delle gambe) in cui i piedi del soggetto sembrano incollati al pavimento. Altri disturbi per i quali frequentemente un malato di Parkinson si rivolge inizialmente al medico possono essere alterazioni della grafia che diventa diversa da quella consueta e mano a mano che si procede nello scrivere diventa sempre più piccola (micrografia), oppure alterazioni della voce che a un ascoltatore abituale, quale è un parente, appare cambiata e viene descritta come flebile e monotona; inoltre lo stesso parente si può accorgere di una variazione dell’espressione del volto: la cosiddetta “facies figee” cioè un viso più fisso e meno espressivo con una riduzione della mimica spontanea che normalmente accompagna le variazioni di stato d’animo.
Si assiste nel decorso della malattia ad un aumento del tono muscolare a riposo o durante il movimento, detto “rigidità”. Può essere presente agli arti, al collo e al tronco.
Tali manifestazioni esitano, in fasi avanzate della malattia, in un’alterazione della postura. il malato si pone come “ripiegato” su se stesso per cui il tronco é flesso in avanti, le braccia mantenute vicino al tronco e piegate, le ginocchia pure mantenute piegate. Con l’avanzare della malattia si instaura una curvatura del collo e della schiena, che può diventare definitiva.
I disturbi dell’equilibrio si presentano più tardivamente nel corso della malattia.
Si nota come un aspetto tipico della malattia sia la perdita dei movimenti involontari che accompagnano la maggior parte delle nostre azioni e che connotano, manifestando anche all’esterno, la sfumatura emozionale del nostro comportamento. Tale mancanza impoverisce notevolmente le possibilità comunicative dell’individuo, che è limitato anche nella scelta delle alternative dalla compromissione delle aree frontali, dovuta all’impoverimento della comunicazione fra queste aree e i gangli della base (Manfredi).
LABORATORIO DI CANTO PER PAZIENTI AFFETTI DALLA MALATTIA DI PARKINSON
Le arti terapie, affiancate ad adeguate terapie farmacologiche, possono portare grande beneficio ai pazienti, poiché coinvolgono in primo luogo la persona sul piano motorio. Nella musica, così come nella danza, nel teatro e nell’arte plastico figurativa, la persona è chiamata a partecipare ad un’esperienza sul piano corporeo, all’interno di una relazione terapeutica protetta con l’operatore, solitamente in un contesto gruppale. I benefici di tale tipo di attività riguardano l’aumento dell’autostima, il miglioramento del tono dell’umore, l’incremento della socializzazione, e proprio per la loro connotazione che si distanzia dalla rappresentazione classica della sfera terapeutica, le arti terapie possono favorire la motivazione a svolgere attività dall’indubbio valore terapeutico, soprattutto sul piano del movimento, andando a lavorare sulla postura, sull’equilibrio, sulla coordinazione e la fluidità dei movimenti. La possibilità di utilizzare la musica e in particolare il canto come strumento terapeutico permette di lavorare sulla rieducazione vocale del paziente finalizzata al potenziamento delle sue facoltà espressive attraverso un medium – il canto – piacevole e divertente[1].
La finalità del laboratorio di canto con pazienti affetti da Parkinson è quella di stimolare un miglioramento nell’utilizzo della voce, che vada a contrapporsi alla progressione sintomatologica tipica della malattia, favorendo il processo di adattamento alla malattia, il miglioramento dell’autostima e del senso di autoefficacia, attraverso un aumento della propria consapevolezza corporea e vocale, il controllo dei sintomi e quindi il miglioramento della qualità di vita del paziente. Infatti il progressivo irrigidimento dei muscoli facciali e l’indebolimento della voce sono sintomi che vanno ad influire negativamente sulla vita relazionale del paziente, che si trova così ancor più costretto nella “corazza” causata dalla malattia: ad un aumento della rigidità corporea e all’impaccio nei movimenti va a sommarsi la difficoltà di farsi comprendere dagli altri, aumentando così il senso di isolamento e favorendo l’instaurarsi di vissuti depressivi, di perdita di autostima e di autoefficacia. Il laboratorio di canto ha dunque l’obiettivo di alimentare le molteplici possibilità espressive dei pazienti e di far sperimentare loro una maggiore integrazione psicocorporea, in un contesto relazionale di fiducia, in assenza di giudizio sia con l’operatore, sia con gli altri partecipanti nel gruppo. Il canto diventa in tal senso strumento per stimolare la “presenza” della persona.
Obiettivi specifici del lavoro sulla vocalità sono:
- Promuovere la curiosità e la motivazione ad esplorare ed aumentare le proprie competenze espressive e la propria creatività;
- Approfondire la conoscenza del proprio corpo, attraverso la concentrazione sulle parti di cui è composto, e sulle sue molteplici possibilità comunicative;
- Favorire l’esplorazione dei propri vissuti emozionali e della loro modalità di comunicazione attraverso i suoni e i gesti, in un contenitore relazionale accogliente e non giudicante;
- Favorire lo sviluppo delle potenzialità, spesso sommerse, di cui tutti gli utenti sono portatori, e la valorizzazione dell’unicità di ciascuno;
- Rafforzare l’autostima e la fiducia nelle proprie capacità;
- Contribuire al miglioramento dell’attenzione e della concentrazione;
- Migliorare la postura, l’equilibrio e la respirazione, con particolare accento sulla respirazione diaframmatica;
- Aumentare le possibilità espressive attraverso l’elasticizzazione della muscolatura facciale da un lato e l’associazione di espressioni ai vissuti emotivi dall’altro;
- Arricchire le proprie possibilità espressive attraverso un utilizzo più consapevole e variegato di intonazione e volume nella voce;
- Approfondire la conoscenza dei risuonatori vocali per ampliare le sfumature timbriche della propria voce;
- Contribuire all’affinamento delle capacità ritmiche attraverso il lavoro individuale e di gruppo;
- Migliorare le performance nel movimento attraverso l’uso del ritmo e della voce.
Bibliografia
Battaglia Damiani D., Anatomia della voce. Tecnica, tradizione, scienza del canto. Milano, Ricordi, 2003.
Bion W. R., (1961), Esperienze nei gruppi. Roma, Armando, 1971.
Case C., Dalley T. Manuale di Arteterapia. Torino, Edizioni Cosmopolis, 2003.
De Fonzo M., Cantoterapia. Il teorema del canto. Roma, Armando Editore, 2010.
Manfredi M., “Teatro e neurologia”, in http://www.parkinzone.org/it/index.php/teatroeneurologia.
Modugno N., “La malattia di Parkinson e la sua storia”, in http://www.parkinzone.org/it/index.php/lamalattiadiparkinson.
Pezzoli G., “La malattia di Parkinson”, in http://www.parkinson.it/la_malattia/introduzione.html, 2010.
Villani D., Raglio A. “Musicoterapia e demenza”, in Giornale di Gerontologia; 52: pp. 423 – 428, 2004.
Link Utili
[1] E’ opportuno considerare che nell’anziano si assiste ad una progressiva e fisiologica riduzione delle capacità vocali dovuto alla ossificazione delle cartilagini laringee, alla minore elasticità delle corde vocali, alla diminuzione della capacità polmonare, all’irrigidimento progressivo della mobilità toracica, cui spesso si aggiunge una eventuale obesità viscerale che innalza il diaframma.